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30 marzo 2021

INTERVISTA - Luigi Siviero e Il tramezzino


Luigi Siviero è nato a Trento il 6 giugno 1977. Laureato in giurisprudenza. Ha scritto diversi saggi sui fumetti fra cui Dylan Dog e Sherlock Holmes: indagare l'incubo (NPE, 2012), un libro che contiene un'analisi del Dylan Dog di Tiziano Sclavi accompagnata da un'intervista al creatore dell'indagatore dell'incubo, Dall'11 settembre a Barack Obama. La storia contemporanea nei fumetti (NPE, 2013), Sherlock Holmes. L'avventura nei fumetti (ProGlo, 2016), Dopo il Crepuscolo dei Supereroi (Eretica Edizioni, 2018) e Grant Morrison. La vita e le opere (Eretica Edizioni, 2020). Ha pubblicato racconti, poesie, fumetti e articoli su «Lahar Magazine», «Fumo di China», «Fumetto», «Sherlock Magazine» e altre riviste e antologie. Nel 2016 ha vinto il Premio Fogazzaro nella sezione Microletteratura e social network – Premio speciale umorismo. Il tramezzino è il titolo del suo primo romanzo, pubblicato nel 2018 da centoParole. Fra il 2019 e il 2020 ha visto la luce il dittico di raccolte di poesie formato da Un’astrazione linguistica dai toni freddi e Schemi astratti di comportamento animale indecente (Montag Edizioni).

Benvenuto su Peccati di Penna, Luigi Siviero! Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
La mia passione per la scrittura è nata quando ero ventenne e frequentavo giurisprudenza. In ambito universitario scrivevo davvero tanto per preparare gli esami. Invece al di fuori dell’università ho iniziato a scrivere recensioni e notizie sui fumetti, linguaggio che ho amato fin dall’infanzia e che ho coltivato per tutta la mia vita. Invece il desiderio di scrivere poesie e testi di narrativa mi è venuto abbondantemente dopo i trent’anni. Il tramezzino, il mio primo e unico romanzo, è stato pubblicato solo nel 2018, quando avevo 41 anni.

Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Uno dei due protagonisti de Il tramezzino è un attore che recita in uno spettacolo tratto in parte da Moby Dick. Prima ancora di avere concepito l’idea di scrivere questo romanzo, avevo partecipato come attore a delle prove per uno spettacolo basato su Moby Dick che non è mai stato messo in scena. Durante una serata di prove ero stato protagonista di un’improvvisazione che poi avevo trascritto sotto forma di diario romanzato. Quel testo era nato in modo autonomo, e inizialmente lo avevo concepito al massimo come un racconto breve autobiografico. Successivamente, quando ho scritto Il tramezzino, è confluito nel romanzo diventandone un capitolo.

L’occasione concreta – l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando della situazione – di scrivere Il tramezzino è stata il tentativo di partecipare al Torneo letterario Io Scrittore. I tempi erano strettissimi: un paio di giorni per sottoporre più o meno i primi 30.000 caratteri spazi inclusi e uno o due mesi per inviare tutto il romanzo, nel caso l’incipit avesse superato la prima fase del torneo. Così ho buttato giù come un forsennato prima l’incipit e poi tutto il resto. Al Torneo (che è agguerritissimo, visto che c’è in palio la pubblicazione con una casa editrice del Gruppo Mauri Spagnol) non ho avuto successo, e così ho cercato una casa editrice… Il libro è stato adottato da un piccolo editore di Trieste, la centoParole, che lo ha curato ottimamente, a partire dalla bella immagine di copertina scattata appositamente da Roberto Srelz.

Come è nata l’idea de Il tramezzino?

Ho iniziato a scrivere Iltramezzino prendendo spunto da un episodio vagamente autobiografico. Nel 2013al Teatro comunale di Pergine ho assistito allo spettacolo Tanti saluti interpretato da Giuliana Musso, Beatrice Schiros e Gianluigi Meggiorin (spettacolo su cui tra l’altro ho scritto un articolo nel mio vecchio blog). La rappresentazione, che ha fatto il tutto esaurito ed è stata salutata con un applauso caloroso, era fondata sull’alternanza continua fra dei soliloqui di Giuliana Musso sul tema della morte e delle scene comiche nelle quali l’attrice recitava assieme ai due colleghi mascherati da clown. Al termine dello spettacolo mi sono recato nel bar del teatro, pieno di capannelli di persone che chiacchieravano e si divertivano. A un certo punto in quell’ambiente affollato e allegro, del tutto inosservato, è entrato Meggiorin. Io lo ho riconosciuto in lontananza anche se era struccato e non aveva più il naso da pagliaccio, ma nessun altro ci ha fatto caso. Ha ordinato qualcosa al bancone del bar, ha consumato forse in compagnia di un’altra persona, e poi è andato subito via.

Su questi fatti ho ricamato delle impressioni personali che con Meggiorin e con quella serata non c’entrano assolutamente nulla: ho immaginato il cliché del clown che è costretto a essere divertente sul palco, ma che torna a essere triste una volta che ha smesso di recitare e si ritrova da solo al bancone del bar a mangiare un tramezzino. Non ho idea di cosa passasse per la testa di Meggiorin in quel momento. Era semplicemente serio, come chiunque vada al bar a ordinare qualcosa. E non so nemmeno se aveva ordinato davvero un tramezzino…

Il primo capitolo del libro è un’opera nell’opera. Il protagonista della storia, infatti, è uno scrittore che vuole realizzare un romanzo su un clown che al termine di uno spettacolo è triste e mangia un tramezzino nel bar del teatro. Successivamente viene narrato che quell’attore, prima di mangiare il tramezzino, aveva recitato assieme a due donne in uno spettacolo nel quale una scena drammatica tratta da Moby Dick di Melville è incastrata fra scene comiche, un po’ come in Tanti saluti.

Quanto c’è di te in questo testo?
C’è tantissimo. Il rapporto de Il tramezzino con Meggiorin e Tanti saluti si limita a quanto ho accennato nella risposta precedente. I protagonisti del romanzo sono invece uno scrittore e un attore di cui non vengono mai fatti i nomi e che sono basati su di me. Nell’opera sono presenti sia episodi di completa finzione, che dunque con le mie esperienze personali non c’entrano nulla, sia flussi di coscienza e accadimenti legati al mio vissuto. Per esempio in un capitolo lo scrittore passeggia in un parco e incontra una sua amica che, convintissima di fargli un complimento, gli dà del morto di fame. Beh, è successo davvero… Nel romanzo non viene detto esplicitamente che il parco, realmente esistente anch’esso, si trova a Trento lungo il torrente Fersina.

In un primo momento avevo pensato di chiamare “Giuliana” e “Beatrice” le due donne che recitano assieme all’attore senza nome, in modo da fare un piccolissimo omaggio a Tanti saluti. Siccome l’attore senza nome è basato su di me, ho preferito dare alle attrici i nomi di due ragazze, Livia e Alessia, con cui ho frequentato un corso di teatro allo Spazio 14 di Trento fra il 2015 e il 2018.

Cosa vuoi comunicare con il tuo Il tramezzino?
Nel corso del racconto lo scrittore si affaccia su una tromba delle scale e per un attimo pensa di buttarsi giù. In altri luoghi dell’opera gli accadono avvenimenti positivi che tutto sommato gli scaldano il cuore. È inutile negare che su Il tramezzino c’è un velo di nichilismo e pessimismo, tuttavia è possibile intravedere anche una flebile speranza. Questo è il modo in cui vedo e concepisco la vita. Per me sarebbe impossibile scrivere un’opera ottimista perché tradirei il mio vissuto e il mio sguardo sul mondo che ormai si è sedimentato e consolidato, però non riesco neanche a smettere completamente di sperare e a sopprimere del tutto la bellezza.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Nel 2021 dovrebbero uscire un paio di cose a cui tengo molto, un saggio su Sherlock Holmes (in un’antologia pubblicata da Resh Stories) e un racconto lungo intitolato L’anima senza nome (in digitale nella collana Innsmouth della Delos). Sempre per la Delos sto traducendo dall’inglese alcuni racconti destinati alla collana Sherlockiana. In un futuro più lontano e indefinito vorrei che uscisse un mio libro sulla natura dei personaggi di finzione che sto scrivendo ormai da tre anni.

Grazie a Luigi Siviero per averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!

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