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20 febbraio 2019

RECENSIONE - La Fenice di Fuoco di Valentina Marcone (La Croce della Vita #6) | Nativi Digitali Edizioni

Questo lungo viaggio con Deva la Furia è giunto al termine, e si sa che i finali sono difficili da scrivere, ci sono aspettative e il lettore desidera che tutto il lasciato in sospeso abbia una degna conclusione.

La serie de La Croce della Vita si è sempre rivelata un’ottima compagnia con note originali e qualche microscopico déjà-vu per chi bazzica molto nell’urban fantasy, ma l’autrice ha saputo distinguersi e creare un mondo completamente suo.
RECENSIONE - La Croce della Vita
RECENSIONE - La Stella dell'Eire

RECENSIONE - L'uccello del tuono
RECENSIONE - Il Tridente di Shiva

RECENSIONE - Il Sigillo di Lucifero
Veniamo ora al dettaglio, a La Fenice di Fuoco.

Deva di libro in libro è cresciuta, in parte è maturata, in parte porta con sé i soliti atteggiamenti infantili e una certa spocchia, ma soprattutto in questo romanzo emerge il suo lato oscuro e violento, quello stanco di subire e che la rende pericolosa e poco clemente con il nemico.

Il Sigillo di Lucifero (La Croce della Vita #5) ci ha lasciato con un grande nome nella testa: Lilith. Per chi non lo sapesse, Lilith è una figura associata al male e alla creazione dei mostri più disparati, una sorta di demone, creatura mitica etc. etc., tanta roba, mica un essere a caso piazzato lì. Insomma, un’antagonista di tutto rispetto che già a sentir nominare fa viaggiare con la mente.
Dov’è il problema? Non c’è un reale problema, ma un mancato punto forte… il personaggio di Lilith non è stato, a mio parere, sfruttato e messo in luce a sufficienza; emerge solo per lo scontro tra fazioni e anche lì non è che spicchi, piomba nella storia quasi di punto in bianco senza una preparazione adeguata, senza che il lettore lo abbia conosciuto bene, un gran peccato perché da ciò che si intuisce su questa creatura malvagia c’era davvero un potenziale da sfruttare.

La prima parte del romanzo, salvo piccole parentesi, ha un andamento monocorde: chiacchiere, allenamenti, chiacchiere, allenamenti; trovo ci si dilunghi in situazioni sorvolabili. Ad esempio, c’è un dialogo sulle serie TV (che tra l’altro temo mi abbia fatto spoiler…) che trovo poco accattivante, così come la discussione sulla possibile carriera di Paine come parrucchiera. Non dico che la prima metà del libro poteva ridursi del 50%, ma una sfoltita l’avrebbe avuta condensando gli eventi e tralasciando le troppe divagazioni. O magari si sarebbe potuto divagare su altri elementi in secondo piano più interessanti. Non ho apprezzato i troppi riferimenti e citazioni, sono estranianti, come se due realtà distinte si scontrassero di continuo, un paio di riferimenti alla nostra realtà li comprendo, li accetto, ma per mio gusto qui c’è un eccesso che influenza anche i discorsi dei personaggi. A proposito dei dialoghi, alcuni di Deva appaiono forzati, come a volerla rendere forte agli occhi del lettore con frasi da gradasso che più che badass l’hanno resa grottesca. Ovviamente queste sono sempre percezioni personali.

Inutile sottolineare nuovamente che Deva è una protagonista totalizzante, è sempre lei al centro di ogni situazione e anche in questo romanzo non si smentisce.

Parlando di Paine, l’ho apprezzata come boccata di aria fresca all’inizio della sua comparsa nella serie, ma ne La Fenice di Fuoco mi ha spossato il suo parlare in napoletano, e io sono napoletana. Ho adorato la relazione con Michele, ma nonostante la coppia qui abbia trovato un po’ di spazio tra diatribe e gelosie, avrei voluto di più.

Lucien è stato uno dei personaggi più affascinanti della serie, un esempio di antieroe, né buono né cattivo; e il piccolo colpo di scena che lo riguarda ne La Fenice di Fuoco mi è piaciuto da morire, avrei calcato la mano su di esso.

Raffaele, l’altro vampiro da sempre uno dei principali della saga, questa volta ha avuto un ruolo forse più in ombra, ma sul finale, grazie a lui, c’è una bella dose di dramma che per fortuna, o sfortuna, trova una svolta… dico per sfortuna perché io avrei perseverato con il dramma. Sì, io adoro il dramma, penso dia quel colpo al cuore utile a lasciare il segno. XD

Nella parte conclusiva del romanzo emerge tutta l’azione, la calma delle prime oltre 200 pagine è ribaltata, anche se non c’è una graduale escalation di eventi.

L’epilogo è quello che ci si aspetta da un paranormal romance, avendo come base una coppia prescelta, ovvero quella Deva-Gabriel. Di certo non vi spoilero l’evoluzione rosa, ma posso affermare che gli amanti dei romance apprezzeranno.

Lo stile dell’autrice resta chiaro, semplice, a tratti rude, ma ciò rende la lettura veloce e trainante.
Nonostante le precisazioni che possono sembrare note negative, ho apprezzato davvero molto la saga, mi sono affezionata tantissimo ai suoi personaggi e credo che questa non sia cosa di poco conto, perché se una volta chiuso il libro si pensa ancora a tizio, caio e sempronio, significa che qualcosa è arrivato ed è andato oltre.
Quindi complimenti all’autrice.


“Sono pronta a tutto. Ho vissuto il peggio. Sono preparata a qualsiasi cosa. Ormai non mi fa paura più niente.
Quante volte lo diciamo per convincerci di essere forti abbastanza da affrontare qualsiasi situazione?
Tutte stronzate.
Non mi sono mai reputata un mostro, nonostante insieme alla maggiore età avessi ricevuto il kit in regalo zanne-ali-artigli dalle mie cari madri Furie, a cui negli anni si sono aggiunti vari add-on come lo sguardo che uccide, le grida spaccatimpani e le torture mentali, ho sempre lottato con tutte le mie forze per restare umana. Avevo lottato contro l’abbandono, il tradimento, le menzogne, combattevo tutti i giorni con l’odio, la rabbia e la sete di vendetta che mi scorrevano nelle vene. Avevo sempre vinto, ero sempre riuscita ad aggrapparmi alle cose buone, alla speranza, all’amore, ero convinta di poter affrontare qualsiasi sfida.
Poi la vita, o Dio, o il diavolo o qualche altra somma divinità malvagia che si diverte a guardarci dal suo trono come se fossimo dei piccoli topi da torturare, ci schianta addosso la peggiore delle tragedie.
Avevo rifiutato per tutta la vita il fatto di essere un mostro.
Fino ad ora.”



Testo fornito dall'editore

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