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13 marzo 2024

RECENSIONE - Belladonna di Adalyn Grace | Rizzoli

Come descrivervi Belladonna?
Prendete una sorta di Enola Holmes, fondetela con le caratteristiche di Ghost Whisperer e inserite tutto in un’ambientazione alla Bridgerton ma più cupa.

Signa è la protagonista e dalla culla convive con la morte, ogni suo tutore fa una brutta fine. Quando arriva dagli Hawthornes la morte sembra essere già passata prendendosi la signora della tenuta, lasciando il marito inconsolabile, il figlio dedito a mantenere alto il nome di famiglia, e la figlia affetta dalla stessa malattia della madre. Sembra semplicemente una famiglia sfortunata, finché a Signa non compare lo spirito inquieto della donna deceduta non per malattia ma bensì per avvelenamento e sta accadendo lo stesso alla figlia. Signa, perciò, inizia a investigare e a tentare di salvare la cugina.
L’incipit parte con una bella morte di massa che però resta irrisolta, l’unica sopravvissuta è appunto Signa che non può esser presa da Morte, il personaggio soprannaturale di questa storia, che da allora si lega alla ragazza. La protagonista, tra una ricerca e l’altra, si lascia prendere dagli ormoni e dal pensiero di accasarsi, e andrebbe bene se non fosse che capiti anche in momenti poco opportuni, ma questa è una caratteristica comune a molti romanzi e mi fa sempre un po’ sorridere. Nel suo percorso verso la verità Signa è accompagnata da un bello stalliere e da Morte stessa che, vi devo dire, per essere morto mi pare piuttosto vivo, soprattutto quando si parla di impulsi…
Signa è affascinata da Morte, di cui non vede l’aspetto, ma lui ha un fare così magnetico e intrigante che basta a rapirla e confonderla. Ma lo stalliere? Bello pure lui, ma Morte… eeeeh. Torniamo seri…

Penso di non sbagliare nel definire Belladonna un paranormal mystery romance, il paranormale lo abbiamo con Morte e gli spiriti, il mystery con l’omicidio da risolvere e il romance con Signa e Morte che si stuzzicano. 
 
La storia ha uno sviluppo molto lento, tra una tazza di te e una di veleno, sembra non si arrivi mai al dunque e questo è un po’ frustrante. Il romanzo riprende le dinamiche di un giallo e il lettore, insieme a Signa, ha l’obiettivo di capire: chi ha fatto cosa e perché.
 
L’ambientazione non è varia, si svolge tutto all’interno della proprietà degli Hawthornes, ogni tanto si esce per le missioni, ma non è una variazione significativa. Nello spazio-tempo ci troviamo forse tra metà 700 o 800 in Inghilterra, non è specificato ma nella narrazione ci sono riferimenti a usi e costumi che ricordano un po’ Bridgerton.
 
I personaggi sono ben delineati, riusciamo ad avere un quadro chiaro degli attori in gioco e in un mystery penso sia fondamentale. A questo contribuisce la narrazione in terza persona.  Per quanto riguarda lo stile non è diretto, ha qualche ricamo, ma è comunque semplice. 
 
Signa è il personaggio ovviamente più completo, conosciamo la sua vita anche prima degli Hawthornes con i tutori precedenti. La ragazza può risultare un po’ petulante ma bisogna anche comprenderla, si è sempre sentita sola, le è mancata una solida famiglia, ed è per questo che cerca di tutelare gli Hawthornes e la sua povera cugina ammalata. Non vuole perdere nessun’altro e si aggrappa con le unghie e con i denti a questa nuova famiglia; discute persino con Morte pur di difenderla.
Anche se il romanzo mi è piaciuto, ho trovato delle lacune, alcuni eventi non sono stati giustificati o motivati: il primo riguarda la strage iniziale, lasciata cadere nel dimenticatoio; il secondo riguarda la questione dell’avvelenamento, in quanto nessuno si è accorto o ha sospettato, neanche i medici sono riusciti a capire, ad associare i sintomi a un avvelenamento da Belladonna. Signa ci è riuscita e sappiamo il perché, ma anche un erborista o uno speziale avrebbe potuto intuire il problema siccome lavorano con ebbe e bacche per creare antidoti e medicinali. Ecco, qui si è peccato di ingenuità.

Nel prossimo romanzo mi aspetto qualche chiarimento sulla natura di Signa, sul ruolo di morte, vorrei comprendere meglio la componente soprannaturale: come nascono i mietitori, quanti ne esistono, perché si nasce o diventa tali, e mi piacerebbe anche ci fossero più interazioni con gli spiriti.

Conclusione: il romanzo, seppure lento, mi ha soddisfatta.


Rimasta orfana ancora bambina, è stata allevata da una serie di tutori tutti interessati più alla sua ricchezza che al suo bene, e tutti defunti prima di poter mettere le mani sulla sua eredità. Gli unici parenti che le sono rimasti sono gli Hawthornes, un'eccentrica famiglia che vive nella cupa ma ricchissima villa di Thorn Grove. Signa non ci mette molto a scoprire i segreti che gli Hawthornes celano tra le mura della mentre il padre piange la defunta moglie organizzando feste sfrenate, il figlio maggiore lotta per mantenere alta la reputazione di una famiglia ormai in declino. Il tutto nascondendo al mondo la figlia minore, affetta da una misteriosa malattia. Quando lo spirito inquieto della donna scomparsa appare a Signa sostenendo di essere stata avvelenata e che l'assassino è ancora tra loro, la ragazza si rende conto che la famiglia è in grave pericolo. Per scoprire l'identità dell'assassino Signa ha una sola possibilità: allearsi con qualcuno di tanto pericoloso quanto affascinante che è sempre stato al suo fianco, tessendo con lei un legame potente e irresistibile che nessuno avrebbe mai creduto possibile...

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