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8 febbraio 2019

INTERVISTA - Emanuela Amici e Quello che resta

Emanuela Amici con il suo stile delicato e preciso è un'autrice che affronta uno dei sentimenti più reconditi e frequenti che lacera l’animo femminile, e non solo... scoprite tutto in questa intervista.


Emanuela Amici vive a Roma, dove insegna Italiano nella scuola media. Dopo essersi laureata in Lettere Moderne, con indirizzo in Storia dell’Arte, ha collaborato con l’Enciclopedia Treccani, con la rivista Arte e Critica, e ha lavorato presso la galleria d’arte contemporanea La Nuvola di via Margutta a Roma. Ha pubblicato inoltre Dislessia e didattica (Armando Editore, 2018), un manuale ispirato all’approccio multisensoriale Orton-Gillingham.

Benvenuta su Peccati di Penna Emanuela Amici! Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
Ho sempre amato scrivere, fin da piccola. Ho iniziato almeno sei o sette libri negli anni della scuola e dell’università, scrivendo magari solo un capitolo. Poi, quattro anni fa, è arrivata l’ispirazione. Il personaggio di Irene ha iniziato a solleticare la mia fantasia, e la voglia di scrivere è diventata incontenibile.

Qual è stato il tuo primo testo?
All’età di vent’anni circa avevo iniziato a scrivere la storia di una bambina giapponese, che poi ho interrotto. Così ho fatto con altri personaggi e con storie che nascevano dentro di me, ma che non prendevano poi il sopravvento. Quando invece ho iniziato a scrivere “Quello che resta”, partendo da un sogno della protagonista, è stato un fiume in piena.

Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere?
Amo i classici più di ogni altro genere, e in particolare i romanzi introspettivi, storici e psicologici. Non amo il genere horror, i gialli e le storie di fantascienza. Credo quindi che non sarei neanche capace di scrivere un libro appartenente a questi generi.

Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Mentre scrivevo il romanzo, pensavo che non lo avrei mai pubblicato. Credevo sarebbe rimasto in un cassetto, perché ancora acerbo. Poi un amico scrittore, a cui devo molto, ha letto il testo e mi ha spronata a cercare un editore. All’inizio ho preferito il self publishing, per sondare il terreno. Quando sono arrivate le prime recensioni positive, ho mandato il libro ad alcune case editrici. Mi sono arrivate diverse proposte a pagamento, che ho rifiutato, e ho avuto poi la fortuna di pubblicare con Ianieri.

Come è nata l’idea di “Quello che resta”? Cosa ti ha ispirato?Come è nata l’idea di “Quello che resta”? Cosa ti ha ispirato?
Mi interessava indagare il rapporto tra due sorelle molto diverse fra loro, e trattare uno dei sentimenti più scomodi dell’animo umano: l’invidia. I due personaggi di Irene e Sara hanno iniziato a delinearsi nella mia mente in modo sempre più nitido. Volevo che Irene, la protagonista, fosse una donna in apparenza realizzata, ma dentro di sé profondamente fragile e insicura. Avevo in mente di far emergere una verità familiare scomoda che spiegasse, per poi contribuire a sciogliere, i nodi del complesso rapporto tra le due sorelle.
Quello che resta narra la storia di una scrittrice che convive da sempre con una gelosia irrisolta nei confronti della sorella Sara. Una linea sottile di invidie e silenzi le separa all’interno di un affetto più imposto che sincero. Una profonda novità nella vita di Sara obbligherà Irene a interrogarsi sulla propria identità, a riflettere sulla propria vita matrimoniale e a porsi le grandi domande esistenziali, fino a capire che «era tutto così falso». Tra tradimenti e non detti Irene riuscirà a scoprire gli inganni di una famiglia tranquilla, infelice, ma perfetta.
Quanto c’è di te in questo testo?
Il libro non è autobiografico, ma, come sempre accade, un autore riversa inevitabilmente un po' di sé in ciò che scrive. In entrambe le protagoniste ci sono aspetti della mia personalità o spunti presi dal mio mondo e dalle persone che ho avuto modo di conoscere o che hanno destato la mia curiosità. Il rapporto con la figura paterna, così importante nel libro per le due sorelle, ha segnato profondamente anche la mia vita, come credo quella di ogni figlia.

Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?
Sono stata ferma per diversi mesi, lasciando il libro incompleto. A un certo punto era sicura che non lo avrei finito. Non si trattava di un vero e proprio blocco, piuttosto di una mancanza di fiducia in me stessa, che poi è sempre stata una mia caratteristica. Avevo fatto leggere alcuni capitoli a delle persone a me vicine e la risposta era stata tiepida. Ero demotivata. Poi ho ritrovato la voglia di portare a termine ciò che avevo iniziato, senza preoccuparmi dei giudizi esterni.

Cosa vuoi comunicare con il tuo “Quello che resta”?
Se un libro riesce a farti riflettere, sorridere, commuovere, pensare, credo davvero abbia fatto centro. Sarei davvero orgogliosa se riuscissi in questa difficile impresa. Sono convinta che un libro comunichi diversi sentimenti e riflessioni a seconda del lettore, della sua storia, del momento in cui lo legge, del suo stato d’animo. Ciò che vorrei senz’altro comunicare col mio libro è l’importanza di tenere sempre vivo e acceso l’istinto alla felicità, che coincide sempre con la ricerca della propria identità.

Cosa pensi del Self-Publishing?
Non sono contraria, ma è molto più difficile per uno scrittore farsi conoscere senza una casa editrice alle spalle. Credo che il percorso di pubblicazione tradizionale, seppur difficile e tortuoso, sia ancora quello più valido.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho scritto un secondo romanzo, che parla di un tema a me molto caro: il rapporto tra sogno e realtà. Ho cambiato genere e soprattutto ho modificato la scrittura, rendendola più asciutta e rapida. Vorrei riuscire a pubblicarlo, per dedicarmi poi alla stesura di un altro libro, ancora in cantiere.

Grazie a Emanuela Amici per averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!

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