SEGNALAZIONE - Con l'Ultimo Respiro di Lorenzo Sartori
“Riverso sull'erba bagnata, vicino alla grossa pietra, Awira notò il corpo di una donna. Senza esitare, balzò giù da cavallo e andò a soccorrerla. La girò e le scostò i lunghi capelli castani dal viso. Quando lei aprì i grandi occhi, verdi come smeraldi, Awira ebbe un tonfo al cuore. Avrebbe voluto toglierle un po' di fango dalle gote, ma la mano si bloccò, incapace di sfiorare quel viso incantevole...”
Titolo: Con l'Ultimo Respiro Autore: Lorenzo Sartori Editore:GainsworthPublishing ISBN: 978-88-904119-7-7 Pagine: 71 Genere: Fantasy/Epic fantasy/dark fantasy/favola moderna. Prezzo: 1,49 €
TRAMA
Quando Awira entra nella foresta di Liwitz, dove, a causa di un incantesimo, non si alza mai la nebbia, sa esattamente quello che vuole. Sta raggiungendo la Capitale per prendere parte alla prova finale del Gran Torneo indetto da re Yudra, che ha promesso in sposa la figlia Sari al vincitore. E lui quella prova misteriosa, di cui nessuno conosce ancora il contenuto, è determinato a vincerla: per la bellissima principessa, ma soprattutto per ereditare un giorno il Regno e, con esso, un imponente esercito con il quale vendicare la morte di suo padre e di suo fratello, uccisi in battaglia.
Nella foresta incantata, però, Awira fa un incontro destinato a mettere in gioco tutte le sue certezze, perché le cose non sempre sono come sembrano...
Con l'ultimo respiro è una favola moderna, oscura, che reinterpreta in note epiche e fantastiche l'antico tema del Torneo, arricchendolo di avventura e passione.
adai alzò improvvisamente la testa, emettendo un sordo
sbuffo. La nuvola di vapore e paura presto si confuse con la
bruma velata di azzurro che avvolgeva la valle sottostante.
«Cosa c'è, bello?» chiese Awira, accarezzando
energicamente il collo teso del cavallo. Il ragazzo si sforzò di
vedere oltre, ma poté solo notare la punta di un albero
emergere dalla fitta coltre. Sotto quello che sembrava un
tetro spaventapasseri a guardia di un lago incantato, stava la
foresta di Liwiz.
Molte leggende e racconti raccapriccianti giravano su
quella foresta da cui non si levava mai la nebbia.
«Sono solo le solite storie inventate per terrorizzare
ingenui viandanti.» La voce di suo padre gli riecheggiò nella
mente, con la stessa intensità di quel giorno lontano. «Non
credere a queste sciocchezze e, quando guiderai un esercito,
non permettere mai che i tuoi uomini diffondano la paura
raccontando storie senza senso» aveva aggiunto l'uomo con
un tono di rimprovero. Allora Awira aveva solo nove anni,
ma non gli era sfuggito che lo sguardo di suo padre fosse
rivolto a suo fratello maggiore Wunal.
Wunal amava inventare storie e, nonostante fossero
racconti di paura, Awira non riusciva ad addormentarsi se
non ne sentiva raccontare almeno una. Loro padre, Drukali,
conte delle Praterie del Sud, era spesso in missione per
conto del re Yudra III. In tre distinte campagne aveva
sottomesso i temibili predatori di Sosk. Ma questo era
avvenuto prima che i Sosk si alleassero con i Trajs e gli
Hurtas, dando vita all'Alleanza della Morte.
Quando loro padre era via e quando la luna illuminava le
praterie del sud fino alla catena montuosa di Tua Semar,
che segnava il confine della contea, Wunal e Awira, si
recavano sulla sacra collina di Dalam, dove da secoli
venivano eretti i tumuli per rendere onore agli eroi caduti in
battaglia. Di ogni guerriero, Wunal era in grado di
raccontare una storia. Una storia che aveva sempre a che
fare con un destino crudele a cui l'eroe non avrebbe mai
potuto sottrarsi. Awira aveva smesso ormai da diverso
tempo di chiedersi se quei racconti fossero veri. Erano
avventure che gli permettevano di viaggiare oltre le aspre
vette del Tua Semar e oltre la minacciosa foresta di Liwiz.
E ora, quella foresta stava davanti a lui. Non ne avrebbe
avuto paura. L'avrebbe attraversata, ascoltandone il respiro
come fosse stata una storia di Wunal.
Awira tornò ad accarezzare il collo di Badai.
«Non avrai mica paura di un po' di nebbia?»
L'animale sferzò l'aria fredda e caliginosa con due nervosi
colpi di coda. Accennò un piccolo passo indietro,
conficcando gli zoccoli nel terreno umido, ed emise un
improvviso e più solenne nitrito.
Lo sguardo di Awira si fece più inquieto: non credeva più
a quelle leggende ma si fidava ciecamente dell'istinto di
Badai. Impugnò il corto arco fatto di corno e sfilò, senza far
rumore, una freccia dalla faretra di cuoio, fissata alla
cintura. Puntò l'arco in diverse direzioni affidandosi a tutti i
sensi del corpo e alle vibrazioni di Badai. L'agile cavallo
bianco rimase immobile per alcuni interminabili secondi, poi
piegò la testa e iniziò a oscillare il collo. Awira seguì quasi in
sincrono il movimento, abbassando l'arco.
«Vedi? Non c'è nessuno. È solo nebbia. Non devi dar
retta a quello che raccontano di questo posto.»
Badai sembrò annuire, scuotendo la lunga criniera, e
prese a muovere con passo raccolto verso la foresta.
«La nebbia non lascia mai la foresta di Liwiz» gli diceva
sempre Wunal. Su questo, suo fratello aveva ragione. L'aria
era densa e ferma, attutiva ogni rumore e deformava in
ombre minacciose gli alberi le cui radici contorte
penetravano avidamente il sentiero fangoso. In alcuni punti
Badai esitò, in evidente difficoltà. Quel paesaggio torbido e
claustrofobico non poteva essere niente di più lontano dalle
soleggiate e immense praterie del sud.
Corri Badai, corri!
E quella volta Badai era volato più veloce di un fulmine.
Awira deglutì e cacciò giù il ricordo. Non era tempo. Si
strinse nel mantello e si sforzò di guardare avanti, attraverso
la fitta coltre biancastra. Al centro della foresta di Liwiz, si
estendeva la pianura di Kors tagliata dal grande fiume
Sungai Ye. E dove il fiume compiva una doppia ansa,
sorgeva Bima, la capitale del regno di Tidor. Ed era lì che
Awira si stava recando per portare a termine l'ultima prova
del Gran Torneo.
Nella secolare storia di Tidor pochi re avevano fatto
quanto Yudra per tenere insieme un regno abitato da genti
così diverse. Popoli con tradizioni e a volte lingue lontane,
ma uniti nella lotta per la sopravvivenza contro le tribù
barbare che sempre più minacciose premevano ai confini.
Ma Yudra III, il Conquistatore, come era chiamato dal suo
popolo, non aveva eredi maschi. Sua moglie Deiari era
morta di parto dando alla luce una bambina. Ora, Sari aveva
appena compiuto sedici anni ed era quindi in età da marito.
Il re aveva pertanto indetto il Gran Torneo, promettendola
in sposa al vincitore.
Si diceva che la figlia del sovrano fosse la fanciulla più
bella del regno, ma Awira era abituato a non dar troppo
retta a certi pettegolezzi e, nonostante avesse fantasticato
più di una volta sull'aspetto della principessa, non aveva mai
smesso di perdere di vista il vero obiettivo di quella gara.
Gli araldi erano stati mandati in ogni contea del regno
affinché tutti i giovani di nobili origini potessero prendere
parte alla sfida. Il Gran Torneo aveva entusiasmato gli animi
dei sudditi rinforzando il legame alla famiglia reale. Ogni
contea poteva aspirare a dare al regno il futuro re. E sarebbe
stato un re forte e valoroso, il migliore di quella
generazione.
Corri Badai, corri!
Trasalì. Questa volta non riuscì a ricacciare indietro il
ricordo e la sua mente lo riportò impietosamente a cinque
estati prima, nel giorno del suo quattordicesimo
compleanno.
Autore
Lorenzo Sartori, giornalista, vive tra Crema e Milano. Dal 2000 è editore e direttore responsabile della rivista Dadi&Piombo, la prima testata italiana che si occupa di wargames e ricostruzioni storiche in miniatura.
È autore di diversi giochi di simulazione, storici e fantascientifici, alcuni dei quali tradotti in diverse lingue e apprezzati in tutto il mondo.
Si occupa anche di organizzazione di eventi, in particolar modo legati al mondo ludico.
Con l'ultimo respiro è il suo esordio letterario.
Blog: lorenzosartori.blogspot.com
Pagina facebook: www.facebook.com/lorenzosartoriscrittore
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