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31 gennaio 2019

INTERVISTA - Nicola Pecci

Oggi sul blog Nicola Pecci, autore, compositore e attore che ha iniziato il suo percorso presso la Bottega Teatrale di Vittorio Gassman. Ma prima di scoprire di più, eccovi una breve presentazione...


Nicola Pecci è artista pratese. Ha pubblicato il disco Dago – Nessuna pietà con i testi di Marco Vichi, duettando con le voci di Piero Pelù, Stefano Bollani, Ginevra Di Marco, Cisco. Il suo primo da solista, Il solo modo per essere felice, contiene il singolo 1982 nato da un inedito di Sergio Endrigo. Ha interpretato Francesco Nuti nello spet-tacolo Francesco Nuti – Andata, caduta e ritorno per la regia di Valerio Groppa. Pietro Pan. Memorie di un perdigiorno è anche un disco, pubblicato nel 2018 per l’etichetta Vinile Records.


Benvenuto su Peccati di Penna Nicola Pecci! Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
L’ho scoperta quando ho cominciato a studiare come attore, presso la Bottega teatrale di Vittorio Gassman, appena finito il liceo. Cominciando a leggere sul serio libri memorabili e sconosciuti fino ad allora, ho capito l’importanza della “Parola”, e di come si doveva usarla.
I miei primi scritti però sono stati testi di canzoni. Per lungo tempo. Non mi sentivo mai pronto per la scrittura in forma di romanzo. Poi, un paio di anni fa, ho finalmente trovato una storia necessaria da raccontare.

Qual è stato il tuo primo testo?
Il primo tentativo di scrivere un romanzo è stato con “U.r.g.e.n.z.a.”, la storia di un tizio che fugge mollando la fidanzata in un bagno pubblico a Parigi, poi torna in albergo, le ruba tutto, passaporto compreso, e le lascia scritto col rossetto sullo specchio: Comunque ti ho amata.

Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere?
Sicuramente sono affascinato dagli esistenzialisti. Moravia in primis.
Comunque ciò che mi interessa è lo scrittore che s’interroga sull’essere umano e i suoi disagi e le sue angosce. Mi diverte molto anche quando qualcuno prova a farlo in maniera ironica, alla John Fante.
Non mi coinvolge invece per niente ciò che non ha a che fare con la realtà, e poco ciò che tratta di accadimenti precedenti al ‘900. Non è ovviamente un problema di scrittura, figuriamoci!, quanto piuttosto di tematiche.

Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Ho provato a pubblicare dischi per almeno 20 anni ed è stato complicatissimo, quasi impossibile.
Con “Pietro Pan – Memorie di un perdigiorno” invece, è stato un percorso naturale e senza difficoltà. Grazie al lavoro di Andrea Carnevale, il mio agente, che da subito si è appassionato al romanzo e lo ha proposto a Ianieri edizioni. Mario Ianieri ha immediatamente deciso di pubblicarlo. Quindi direi proprio un risultato inaspettato per me.

Come è nata l’idea di “Pietro Pan – Memorie di un perdigiorno”? Cosa ti ha ispirato
L’idea nasce da uno spettacolo teatrale, che ha debuttato nel marzo del 2017 a Firenze, al Teatro di Rifredi. Un editore fiorentino apprezzò molto la storia di Pietro e Lana e mi suggerì di farlo diventare un romanzo. Così feci, per tutto l’anno successivo.
Copertina Pietro PanCiò che mi ha ispirato è capire se ci sia o no la possibilità che persone di età anagrafiche diverse e “lontane” possano sentirsi simili. E si possano sentire comprese, come da nessun altro. Nel caso del romanzo l’incontro è tra due adolescenti: una di 16 anni e uno di 45. Quanto potranno essere vicini? “La vita, amico mio, è l’arte dell’incontro”, diceva Vinicius De Moraes in un album scritto con Sergio Endrigo. Ed è ciò che provo a raccontare nel romanzo.
Sognatore perdigiorno o talento incompreso? Pietro Pandolfi, in arte Pietro Pan, 45 anni suonati, è convinto di aver scritto almeno cinque capolavori della musica italiana. Eppure non se n'è ancora accorto nessuno. Per questo odia tutto e tutti, ma forse è solo indifferenza. L'incontro con Lana - una sedicenne anticonformista che si lega a lui come a un fratello maggiore folle e incosciente - e la ricezione di una lettera postuma della sua amata nonna - che lo sprona, finalmente, a diventare adulto - sconvolgono la sua esistenza fatta di espedienti. Pietro coinvolge allora Lana in un viaggio improvvisato e illegale verso Londra, tra autostop, furti subiti e incontri pericolosi, in cui proverà a realizzare il suo sogno improbabile e romantico. Pietro Pan. Memorie di un perdigiorno è un'avventura on the road divertente e profonda, perché quando scopriamo di essere responsabili dei sogni delle persone che ci amano, allora, forse, cominciamo a crescere un po'.
Quanto c’è di te in questo testo?
Sicuramente ci sono dentro fino al collo, ma non necessariamente nel protagonista o nella storia. Ci sono negli intenti, nel modo di vedere la vita, nell’atteggiamento nei confronti della vita.
M’interessano davvero poche cose, ma quelle valgono quanto la vita intera. E dentro “Pietro Pan – Memorie di un perdigiorno” c’è tutto ciò che m’interessa.

Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?
Diciamo che ho dovuto confrontarmi col “pudore dello scrittore novello”. Da cantautore il passaggio al romanzo comporta tante riflessioni, anche sul senso dello scrivere un romanzo. Delle motivazioni, dei perché. Cerco sempre di essere all’altezza delle aspettative e quindi quando mi sono deciso è stato perché ero certo di aver maturato un mia personale poetica che fosse all’altezza della forma romanzo. E, ovviamente, una storia necessaria da raccontare.

Cosa vuoi comunicare con il tuo “Pietro Pan – Memorie di un perdigiorno”?
Tante cose, spero. Le bellezza e l’inutilità della vita. L’ambizione e la delusione in età adulta. L’amore senza pensare agli anni che ci dividono. Il rancore per chi non ha saputo capire. L’ineludibile attrazione sessuale. La dolcezza e il senso d’impotenza dei genitori anziani. Il bisogno di credere in un sogno. La saggezza di chi ha lavorato tutta la vita. L’incoscienza e la spregiudicatezza dell’adolescenza. Il fascino della fuga. Il valore enorme che può avere una canzone.
Tante, tante cose davvero.

Cosa pensi del Self-Publishing?
Credo che se non si riesce a trovare una pubblicazione con case editrici “ufficiali”, deve essere garantito e possibile il diritto alla stampa della propria opera. Personalmente però non la ritengo una strada facile, perché il mercato è comunque già saturo di libri e di lettori “pigri”, quindi riuscire ad affermarsi con un auto pubblicazione diventa davvero difficile, e, a tratti, frustrante. Ma è un parere molto personale.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Promuovere al meglio il mio romanzo.
E aspettare l’uscita del mio primo film da protagonista: “Ho sposato mia madre”, regia di Domenico Costanzo, per vedere di nascosto l’effetto che fa (come avrebbe detto Jannacci).

Grazie a Nicola Pecci per averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!

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