Alla scoperta di un'altra autrice: Rita Carla Francesca Monticelli.
Nata a Carbonia nel 1974, Rita Carla Francesca Monticelli vive a Cagliari dal 1993, dove lavora
come scrittrice, oltre che traduttrice letteraria e scientifica. Laureata in Scienze Biologiche nel 1998,
in passato ha ricoperto il ruolo di ricercatrice, tutor e assistente della docente di Ecologia presso il
Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia dell’Università degli Studi di Cagliari.
Dal 2009 si occupa di narrativa. Tra il 2012 e il 2013 ha pubblicato la serie di fantascienza “Deserto
rosso” ambientata su Marte. La raccolta dei quattro volumi è stata un bestseller Amazon in Italia,
raggiungendo la posizione n. 1 nel Kindle Store nel novembre 2014.
Nello stesso anno è stata indicata da Wired Magazine come una dei dieci migliori autori indipendenti
italiani e ciò le è valso la partecipazione come relatrice al XXVII Salone Internazionale del Libro di
Torino e alla Frankfurter Buchmesse 2014.
Sempre nel 2014 ha pubblicato il thriller “Il mentore” (bestseller internazionale nella sua edizione
inglese, “The Mentor”, edita da AmazonCrossing nel 2015) e il romanzo di fantascienza “L’isola di
Gaia”. Quest’ultimo è ambientato nella stessa linea temporale di “Deserto rosso” e insieme a esso, e
ad altri romanzi futuri, tra cui “Ophir” in uscita il prossimo novembre, fa parte di un ciclo
fantascientifico denominato Aurora. Nel 2015 ha inoltre pubblicato “Affinità d’intenti” (thriller) e
“Per caso” (fantascienza).
“Sindrome” è il suo decimo libro.
Appassionata di fantascienza e soprattutto dell’universo di Star Wars, è conosciuta nel web italiano
con il suo nickname Anakina e di tanto di tanto presta la sua voce e la sua penna al podcast e blog
FantascientifiCast. È inoltre una rappresentante ufficiale italiana dell’associazione internazionale Mars
Initiative e un membro dell’International Thriller Writers Organization.
Attualmente (anno accademico 2015-2016) è docente di un corso integrativo intitolato “Laboratorio
di self-publishing nei sistemi multimediali” nell’ambito del corso di laurea in Scienze della
Comunicazione presso l’Università degli Studi dell’Insubria (Varese).
Benvenuta su Peccati di Penna Rita Carla Francesca Monticelli! Quando hai scoperto la passione
per la scrittura?
Fin da ragazzina mi è sempre piaciuto inventare storie e
poi un giorno ho capito che scrivere era l’unico modo per renderle vere. È
stato negli ultimi anni del liceo.
Qual è stato il tuo primo testo?
Il primissimo testo scritto è stata una sceneggiatura.
Avevo 17 anni. Non ricordo il titolo, comunque parlava di una ragazza che dopo
essere stata assassinata ritornava come fantasma per fare in modo che venisse
scoperto il suo assassino. Con le mie amiche stavano cercando di girarne il
film, che ovviamente non abbiamo mai terminato. :)
Parlando invece di narrativa, se escludiamo le fan
fiction, il mio primo testo originale è stata la prima stesura de “L’isola di
Gaia” (romanzo di fantascienza), iniziata nel 2009 e terminata nel 2011, che
poi ho pubblicato nel 2014 (il mio settimo titolo pubblicato).
Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non
riesci a leggere e/o a scrivere?
Scrivo romanzi di fantascienza e thriller e leggo un po’
di tutto. In particolare amo le storie dal finale non scontato, che riescano a
stupirmi, in cui i personaggi non siano stereotipati e in cui io riesca a
immedesimarmi. Ciò dipende più dallo stile dell’autore che dal genere della
storia. E nello scrivere cerco di creare dei libri che mi piacerebbe leggere.
Gli unici generi che proprio non riesco a leggere sono il
fantasy, specialmente quello classico, e tutto ciò che è young adult, poiché è
molto lontano dal mio modo di sentire. Non è una questione anagrafica, visto
che già da adolescente leggevo Patricia Cornwell! Di sicuro non riuscirei a
scrivere questi generi né narrativa non di genere.
Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Sono una self-publisher. Non ho mai cercato di essere
pubblicata da un editore. Mentre scrivevo il mio primo romanzo (che poi ho
pubblicato successivamente ad altri) mi sono messa un po’ a studiare il mercato
editoriale italiano ed estero, e mi sono interessata all’autoeditoria. Ho
deciso di imparare a essere un editore dei miei libri, in modo da poter avere
il pieno controllo sulla mia attività editoriale. Ho iniziato a pubblicare i
miei testi nel 2012, in particolare con la serie di fantascienza a puntate
“Deserto rosso”, costituita da quattro libri scritti nell’arco di venti mesi,
che mi hanno reso abbastanza popolare tra i lettori di questo genere. Nel 2014,
invece, ho pubblicato il mio primo thriller, “Il mentore”. A oggi la mia
produzione in italiano conta dieci titoli.
Si tratta del seguito de “Il mentore”, quindi è un crime
thriller che riprende i personaggi visti nel primo. Ma il germe della storia,
che poi ha determinato in parte la scelta del titolo, gira intorno a una
malattia mentale denominata Sindrome di Münchausen per Procura, che colpisce in
genere alcune madri. Queste fanno ammalare i propri figli, talvolta fino a
ucciderli, per attirare su di sé la compassione di chi sta loro intorno. Ricordo
di aver visto tanti anni fa un film su questa sindrome, e mi era rimasta
impressa, poi di recente mi è capitato di vedere un documentario che ne parlava
e ho pensato che l’argomento potesse essere utilizzato nel secondo libro della
trilogia del detective Eric Shaw.
In questo libro, infatti, uno dei due casi seguiti dalla
squadra diretta dal detective Shaw, nell’ambito della sezione scientifica della
Polizia Metropolitana di Londra (Scotland Yard), riguarda proprio una donna
sospettata di causare i peggioramenti del proprio bambino ricoverato in
ospedale. Non è in realtà il centro della trama, ma è l’elemento da cui è
partito il processo creativo.
Mentre indaga sull’omicidio di due pregiudicati collegati a un noto trafficante di droga londinese, resosi protagonista di una spettacolare evasione dal cellulare che lo stava riportando al penitenziario di Coldingley dopo un’udienza in tribunale, la squadra scientifica di Scotland Yard diretta dal detective Eric Shaw si ritrova coinvolta nel caso di un’infermiera che accusa una madre di essere responsabile di una serie di violenti episodi febbrili che hanno colpito suo figlio Jimmy, di soli dieci anni. Quest’ultima si accanirebbe sul proprio bambino, peggiorandone le condizioni di salute, per attirare su di sé l’attenzione e la compassione del personale sanitario.
Eric ne viene a conoscenza casualmente, poiché la pediatra che ha in cura il piccolo paziente, Catherine Foulger, è una sua vecchia fiamma, che il detective ha ripreso a frequentare di recente nella speranza di rimettere ordine nella propria vita dopo aver scoperto l’identità del serial killer denominato ‘morte nera’.
Ma la sua ex-compagna Adele Pennington, criminologa del Laboratorio di Scienze Forensi, non ha affatto accettato di buon grado questa nuova relazione.
Quanto c’è di te in questo testo?
Be’, credo che scrivere dei romanzi sia un modo di
mettersi a nudo, raccogliendo insieme i propri pensieri, le proprie curiosità,
ma anche le proprie paure. Raccontare di crimini violenti e umanizzare fino a
giustificare dei personaggi che non esitano a uccidere è anche un modo per
demonizzare questi temi.
A parte ciò, non posso dire che ci sia un personaggio che
mi assomigli. Per fortuna! Piccole parti di me e di altre persone che hanno
incrociato la mia vita trovano posto in essi per dare l’illusione che siano
reali. E il bello è che, almeno per me, lo sono eccome. La mia speranza è
riuscire a dare questa stessa sensazione anche al lettore.
Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo
hai superato?
Direi di no, be’, dipende anche da cosa si intende per
“blocco dello scrittore”. Se si parla del non sapere cosa scrivere, la risposta
è sicuramente no. Non inizio neppure a scrivere un libro se non so dove sto
andando. Il finale di un libro è la prima cosa che invento, seguita da alcuni
punti salienti della trama. Quindi la direzione la conosco e prima di
cimentarmi in una prima stesura mi preparo un’outline di massima che mi aiuta a
non dovermi mai chiedere: “E adesso che succede?”
Piuttosto mi è capitato di non aver voglia di scrivere,
di lottare contro il desiderio di procrastinare, perché magari avevo la
percezione che la mia scrittura fosse arida, non fluisse liberamente. Mi è successo
anche di recente nel mio attuale work in progress, di cui ho terminato la prima
stesura appena una settimana fa. Quando ho questa sensazione, scrivere diventa
una fatica immensa, ma so anche che rimandare non risolverà il problema. Io
faccio dei programmi precisi per le mie pubblicazioni e devo rispettarli, entro
una certa data devo aver terminato la prima stesura di un libro, in un modo o
nell’altro, perciò, quando mi sono sentita bloccata, mi sono seduta davanti al
PC e ho scritto lo stesso quello che sapevo di dover scrivere, anche se pensavo
che non avesse molto senso o che facesse schifo. E poi, invece, rileggendo le
scene scritte in quei giorni particolari, talvolta mi sono resa conto, con mio
grande stupore, di aver prodotto le mie pagine migliori.
Cosa vuoi comunicare con il tuo Sindrome?
“Sindrome” come tutti i miei libri esplora il concetto di
soggettività della percezione del bene e del male. Mi piace raccontare di
personaggi che vivono in quella zona grigia tra ciò che giusto e ciò che è sbagliato.
Non sono eroi né cattivi al 100%, come capita alle persone normali. Ognuno di
noi pensa le cose peggiori e migliori, ha delle opinioni controverse che se
venissero trasformate in azioni potrebbero essere addirittura dei crimini. La
differenza sta proprio qui, tra ciò che sta nella mente e ciò che si trasforma
in realtà. Un confine che in certi casi è meno chiaro di quello che si pensi e
l’incapacità di comprenderlo è la causa di tante azioni sbagliate, dalle meno
gravi alle più efferate.
Mi piace esplorare questa zona di confine attraverso
degli antieroi, che sono interessanti proprio perché ognuno di noi riesce più
facilmente a immedesimarsi in essi. Magari non compirebbe le loro stesse
azioni, ma si tratta pur sempre di finzione, non di realtà. :)
Cosa pensi del Self-Publishing?
Il self-publishing è un mestiere impegnativo, poiché richiede
che l’autore impari a diventare editore. Richiede disciplina, pazienza, voglia
di acquisire nuove competenze, intraprendenza. È un’attività imprenditoriale a tutti
gli effetti che rende l’autore protagonista all’interno del mercato editoriale,
artefice del proprio successo come pure del proprio fallimento. Chi possiede le
giuste qualità (o vuole acquisirle), cui è necessario aggiungere una certa dose
di fortuna (quella ci vuole sempre), credo che abbia tutte le carte in regola
per fare della buona editoria al pari se non in maniera superiore rispetto
all’editoria tradizionale, soprattutto nell’ambito del digitale.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho appena terminato al prima stesura di “Ophir”, che è un
romanzo di fantascienza incluso nel ciclo dell’Aurora, di cui fa parte anche
“Deserto rosso” (www.desertorosso.net). Nei prossimi mesi mi dedicherò
all’editing, mentre la sua uscita è prevista per il 30 novembre 2016.
Invece, a partire sempre da novembre, inizierò a scrivere
l’ultimo romanzo della trilogia del detective Eric Shaw, “Oltre il limite”, che
dovrei pubblicare il 21 maggio 2017.
Poi si vedrà. Ho diverse idee che mi frullano in testa,
ma non ho ancora deciso dove indirizzarmi per i romanzi successivi. :)
Grazie a Rita Carla
Francesca Monticelli per averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e
buona scrittura!
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