E quindi, ora diamo il benvenuto a Luca Di Gialleonardo. Benvenutooo!

Grazie dell’accoglienza!
Quando hai scoperto la passione per la scrittura? Qual è
stato il tuo primo testo?

La passione per il raccontare storie l’ho sempre avuta.
Da bambino ho iniziato con delle specie di fumetti disegnati malissimo (i miei
personaggi erano davvero fatti come stecchini) e con i baloon non scritti, che
vivevano solo nella mia testa. Il primo testo scritto è stato
L’assassino
misterioso, scritto su quadernini a quadretti durante le scuole medie. Un
giallo pieno di splatter e così misterioso che io ero l’unico a non aver capito
chi era l’assassino dopo la terza pagina!
Quando avevo quindici anni è arrivato L’Isola Corvina,
la prima versione di quello che è poi diventato Il gioco dell’erborista.
Quale genere letterario ti è più affine? Quale, invece,
non riesci a leggere e/o a scrivere?

Sono abbastanza versatile. Credo di aver toccato un po’
tutti i generi, anche se quelli in cui penso di essere più a mio agio sono il
fantasy, la fantascienza e il giallo. Non credo di essere invece molto portato
per il rosa e l’erotico o comunque per storie più sentimentali. Vorrei invece
migliorare con il genere dello spionaggio, anche se temo non sia nelle mie
corde.
Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione? Cosa
pensi del Self-Publishing?

Dopo aver scritto molto solo per me ho iniziato a
frequentare i luoghi su internet in cui si raccoglievano altri aspiranti
scrittori. Scrivi.com e LaTelaNera sono stati i primi siti dove ho iniziato a
condividere i miei scritti e a scambiare opinioni con gli altri. Poi ho conosciuto
la Writer Magazine Italia e ho iniziato a frequentare il forum, dove ho davvero
imparato molto, fino ad arrivare ai primi racconti pubblicati e alla
collaborazione con la rivista. Quando è partita la collana
Storie di draghi,
maghi e guerrieri della Delos ho provato a scrivere un testo che potesse
essere adeguato a quello che loro cercavano ed è nato il mio primo romanzo
pubblicato, il fantasy
La Dama Bianca. Da allora ho avuto altre pubblicazioni
con la Delos e di recente ho iniziato un bel rapporto anche con la NeroPress
con cui sto pubblicando
Il gioco dell’erborista.
Non ho mai pensato al self-publishing. Non ho una cattiva
valutazione di questo modo di arrivare ai lettori (mentre odio gli editori a
pagamento), anzi, penso che ci siano moltissimi autori davvero validi che sono
stati sfortunati o semplicemente non hanno trovato un editore adatto (perché,
probabilmente, non esiste) o semplicemente hanno deciso di intraprendere da
soli questo cammino. Per quanto riguarda me, però, ho sempre preferito passare
da un editore, anche per avere un’opinione professionale su quello che ho
scritto.
In che modo sei venuto a conoscenza di Nero Press
Edizioni? Cosa puoi dirci della tua esperienza con questo editore?

La NeroPress è un editore che si è fatto conoscere grazie
alle sue pubblicazioni. Conoscevo il loro modo di lavorare, anche perché ho
amici che hanno già pubblicato con loro e avevo incrociato gli stessi Picciuti
e Platamone in diverse occasioni (per lo più sul web). Sapevo che avevano
pubblicato altri testi rivolti ai ragazzi e ho deciso di proporgli un mio
lavoro a cui sono molto affezionato. Il lavoro di editing è stato davvero
certosino e devo ringraziare di cuore Caterina Bovoli per il lavoro svolto. Il
testo ne è uscito sicuramente più forte e professionale.
Dove nasce l’idea di Il gioco dell'erborista? Cosa ti ha
ispirato?


Come dicevo prima, il romanzo nasce quando avevo quindici
anni e non avevo nemmeno un computer per scrivere. Era il periodo in cui amavo
il romanzo di avventura e scoprii le opere di Michael Ende. Inutile dire che
questo autore sia stato per me una figura di riferimento. La prima versione del
romanzo era ispirata in modo massiccio e purtroppo per me era davvero infantile
e impubblicabile, anche se ai tempi ero certo di aver scritto un capolavoro.
Poi, a diciassette anni, arrivò il primo computer e lo
inaugurai riprendendo L’Isola Corvina, riscrivendola daccapo, cercando di
rendere il “capolavoro” qualcosa di ancora più eccelso. Ho dovuto aspettare di
avere trent’anni e molti più anni di esperienza per avere il coraggio di
rimettere mano a uno dei miei romanzi più sentiti. Ora non penso più di
scrivere capolavori, ma credo che le avventure di Panfilo abbiano finalmente
una veste professionale, ma ancora densa dello spirito avventuroso che mi
guidava a quindici anni.
Panfilo è un predestinato. Questo, almeno, dice una profezia pronunciata
anni prima della sua nascita da parte di Romilda, maga al
servizio di Alberto, re dell’Isola Corvina. È colpa di questa profezia
se
Panfilo è stato rapito dai Selleri, da tempi immemori in guerra con i
Corviniani. I Selleri non credono nella profezia, ma vogliono sfruttare
la
superstizione dei Corviniani per penetrare nella Roccaforte. E sembra
che il
piano stia funzionando, contro ogni aspettativa. La guerra tra Selleri e
Corviniani sembra arrivata a un punto di svolta e Panfilo dovrà giocare
un
ruolo decisivo, tra dubbi laceranti e mille paure. È davvero un
predestinato o
Romilda ha solo raccontato un mucchio di frottole?
Quanto c’è di personale in questo testo?

Parecchio, come si può percepire da quanto ho detto
finora. Panfilo è il Luca che ero quando avevo la sua età. Fisicamente eravamo
molto diversi, se non per la statura contenuta, ma per il resto siamo due gocce
d’acqua.
Hai condotto delle ricerche particolari per scrivere Il
gioco dell'erborista?

Sì, anche se non è stato un impegno così pesante come per
altri miei lavori. Si tratta di un romanzo molto fantasioso, dove ho cercato di
dare la priorità all’avventura e alle emozioni. La maggiore ricerca è stata
quella sulla coerenza della storia, che spesso era mancata nelle precedenti
versioni.
Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo
hai superato?

Lo affronto a periodi. Passo mesi di intensa scrittura e
mesi di stasi totale. Ormai mi ci sono abituato, quindi non mi preoccupo più di
tanto. Cerco mi mantenere sempre un minimo di attività, anche nei periodi più
stanchi, ma lascio che la voglia ritorni da sola. Torna sempre, basta solo non
forzarla.
Cosa vuoi comunicare con il tuo Il gioco dell'erborista?

Non ho chissà quali messaggi da comunicare. Quello che
voglio è solo raccontare una storia che sappia trasmettere emozioni a chi la
leggerà. Penso sia questo il primo obiettivo di qualsiasi opera letteraria.
Quali sono i tuoi progetti futuri?

Mi vorrei concentrare per un po’ sul giallo, scrivere un
romanzo con un nuovo personaggio che ho per la testa e qualche racconto. Senza
dimenticare che dovrei mettermi anche a scrivere il seguito di
Direttiva
Shafer, un mio romanzo di fantascienza che mi ha dato molte soddisfazioni.
Grazie a Luca Di Gialleonardo per averci dedicato il suo
tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!
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