Altra intervista per conoscere meglio gli autori italiani e il loro percorso, oggi parleremo con Eugenio Nascimbeni.
Salve Eugenio domanda di rito: quando hai
scoperto la passione per la scrittura?

Premetto che sono sempre stato un accanito lettore: dalla
passione per la lettura a quella per la scrittura creativa, dunque, il passo è
stato breve. Per molti versi è stata quasi una sorta di sfida con me stesso.
Vediamo, mi sono detto un po’ di anni fa, se riesco a concepire e a sviluppare
una storia avvincente e ben strutturata in grado di suscitare l’interesse di un
editore. Questa è stata, in sostanza, la scintilla che mi ha spinto a scrivere.
Qual è stato il
tuo primo testo?

Il mio primo romanzo è stato “Il traghettatore”,
pubblicato nel 2007 da un piccolo editore free della bergamasca, riproposto nel
2014 da Lettere Animate Editore in una versione più estesa. La soddisfazione
per l’esordio letterario mi ha poi incoraggiato a proseguire.
Quale genere
letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere?

Devo dire che ho sempre avuto una naturale inclinazione
per le storie misteriose e piene di suspense. Ricordo che da bambino divoravo i
Gialli per ragazzi editi da Mondadori: crescendo mi sono poi avvicinato ai
grandi nomi che hanno reso celebre la letteratura di genere poliziesco, come
Agatha Christie e Arthur Conan Doyle. In seguito ho scoperto moltissimi altri
autori di thriller e noir, ragion per cui mi trovo a mio agio quando voglio abbozzare
una storia a tinte fosche, anche se il mio scrittore preferito è Jorge Amado,
che è stato uno straordinario cantore del Brasile. Non amo i romanzi
sentimentali o sdolcinati, e credo proprio che non riuscirei a cimentarmi con questo
genere di letteratura.
Cosa ti affascina
del giallo e del thriller?

Del mistery apprezzo la capacità di tenere il lettore
incollato alle pagine sino allo scioglimento dell’intreccio, magari con il
classico colpo di scena finale. Nei miei romanzi cerco sempre di tenerlo ben
presente, facendo in modo che la tensione narrativa resti alta, senza cedimenti
di sorta, e quindi incatenando alla vicenda chi legge.
Come è stato il
tuo percorso verso la pubblicazione?

Il mio esordio letterario è avvenuto quasi casualmente.
Conoscevo il proprietario di una libreria, ma ignoravo che fosse anche un
piccolo editore. Quando lo seppi, mi feci coraggio e gli proposi il mio
manoscritto. Fu una grande soddisfazione, e un motivo d’orgoglio, quando mi
disse di averlo trovato eccellente, facendomi firmare il mio primo contratto
editoriale. Dopo avere rotto il ghiaccio, infine, ho rintracciato sul web altre
case editrici free per proporre le mie opere successive. Non è stato tutto rose
e fiori, ad ogni buon conto. Il mio penultimo romanzo thriller fantasy, “La
profezia di Karna e l’amuleto maledetto”, è stato rifiutato da un editore di un
certo livello. Il vanto è stato quello di vederselo pubblicare da Falzea
Editore (distribuito da RCS), una casa editrice di una certa importanza che
l’ha subito trovato particolarmente interessante. Per chi scrive le bocciature
non sono mai simpatiche, ma se la storia è valida credo che occorra munirsi di
pazienza, non disperare, e proporlo ad altri.
Cosa ha ispirato Il traghettatore e L’angelo che portava la morte?

L’idea per scrivere una storia come “Il traghettatore” mi
è venuta durante una traversata a bordo di una nave della Tirrenia in servizio
sulla linea Genova-Porto Torres. Ricordo che quella notte le avverse condizioni
del mare mi impedivano di prendere sonno. Sentivo i lamenti dei passeggeri
nelle cabine accanto e gli schiaffi delle onde che s’infrangevano con violenza
contro le fiancate della nave, così pensai con terrore che saremmo colati a
picco, un’eventualità che respingevo con tutte le mie forze. Intontito, mi
alzai dalla cuccetta per concedermi una piccola perlustrazione del traghetto,
un modo come un altro per ingannare l’attesa per il tanto sospirato sbarco. In
un corridoio scarsamente illuminato m’imbattei in un vecchietto e allora la mia
fantasia cominciò a galoppare, identificandolo come un perfido traghettatore di
anime. Lo spunto per concepire la vicenda narrata ne “L’angelo che portava la
morte”, invece, mi è stata fornita qualche anno fa in Sardegna, dove da tempo
risiede tutta la mia famiglia. Mia sorella mi regalò un bellissimo saggio sulle
“
accabadoras”, donne che nella
Sardegna rurale di un tempo venivano chiamate dai parenti degli agonizzanti per
porre fine ai tormenti dei propri cari. Nonostante la mia assidua
frequentazione dell’isola, non avevo mai sentito parlare di questa figura che
colpì immediatamente la mia immaginazione permettendomi di ideare, quasi su due
piedi, una buona traccia per un romanzo.
Quanto c’è di te
in questi testi?

Un autore finisce quasi sempre per riversare qualcosa di
personale nelle storie che racconta e nei personaggi che crea. Alcuni tratti
caratteriali dei protagonisti principali di questi due romanzi, lo confesso, un
po’ mi appartengono. Ne “il traghettatore” si parla del grande attaccamento
alla vita anche quando il futuro si predice implacabile, un atteggiamento che
condivido appieno, così come la ricerca della verità, qualunque possa essere,
che rappresenta in sostanza il filo conduttore de “L’angelo che portava la
morte”.
Hai mai affrontato
il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?

No, non ho mai avuto un vero e proprio blocco dello
scrittore. Talvolta capita che alcuni capitoli non vengano come si vorrebbe, o
che i dialoghi non siano particolarmente efficaci. In questi casi preferisco
distrarmi, farmi una passeggiata sino in centro, tra la gente, ascoltare i loro
discorsi e studiare i loro comportamenti. Molto spesso questa è una buona
soluzione per farsi venire ottimi spunti, o comunque per superare l’impasse di
una narrazione che non convince appieno.
Cosa pensi del
Self-Publishing?

Anch’io sono ricorso all’autopubblicazione sulla
piattaforma Lulu quando ne ho sentito la necessità, come ad esempio quando
decisi di pubblicare la mia raccolta poetica “Spiriti Immortali” dedicata ai
grandi miti della musica, del cinema, dello sport prematuramente scomparsi. Si
tratta di un modo come un altro per farsi conoscere, per cui non ci vedo nulla
di male: sempre meglio che accettare le condizioni di un editore a pagamento.
Quali sono i tuoi
progetti futuri?

Ho appena terminato la stesura di un nuovo romanzo
thriller a sfondo psicologico dal titolo “Delirio”. L’ambientazione è collocata
in una zona isolata, raggiungibile solo dal mare, e dominata dalla presenza di
un vecchio faro in disuso che s’innalza su di un promontorio roccioso con tutto
il suo fascino sinistro e inquietante. La storia è piaciuta all’editore e penso
che a breve il libro sarà pubblicato.
Grazie a Eugenio
Nascimbeni per averci dedicato il suo
tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!
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