Autore: Aurora Ballarin
Editore: Self-Publishing
Genere: Fantasy
Pagine: 476 Isbn: 9788891123701
Prezzo: 1,49 € ebook 22,50 cartaceo
Pubblicazione: Novembre 2013
Disponibile in tutti gli store online
Genere: Fantasy
Pagine: 476 Isbn: 9788891123701
Prezzo: 1,49 € ebook 22,50 cartaceo
Pubblicazione: Novembre 2013
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TRAMA
Ainwen Carnelio, giovane rampolla di una delle famiglie più in vista della città, non ha mai capito la ragione del suo strano aspetto.
Cresciuta da un ammiraglio, che l'ha addestrata all'arte della spada fin da bambina e da una madre insolitamente attenta a farle apprendere la magia, la giovane passa le sue giornate divisa tra due realtà: quella diurna, la vita apparentemente normale di una ragazza della sua età; e quella notturna tra duelli, visioni di cui non conosce il significato e incubi che infestano le sue notti.
Tutto evolve all'improvviso il giorno in cui conosce il nuovo istitutore, Barahir. Un uomo enigmatico, di una bellezza unica e fin troppo interessato a lei.
Con il suo arrivo le visioni aumentano, facendosi via via più terrificanti.
Ogni volta che i loro sguardi si incrociano è come se lei vivesse l'esistenza di un'altra persona.
La mente viene travolta da ricordi non suoi e perfino la vita arriva quasi a non appartenerle più, confondendosi con quella di un'altra donna di cui a malapena conosce il nome.
Fino a quando, spossata nell'animo e nelle carni decide di voler sbrogliare la matassa dei misteri di tutta una vita.
Solo un nome dalla sua parte. Un unico fievole indizio a ricollegare ogni sua visione: Urwen.
Il nome della dea degli elfi.
Il nome della donna che, cinquecento anni prima salvò il mondo dall'apocalisse...
Questa ricerca la porterà a riscoprire il suo passato e un destino dannato, da cui non potrà scappare. Una guerra spietata l’attende alle porte del suo domani.
Una battaglia insensata e crudele da cui dipenderà non solo la sua salvezza ma anche il destino di chi ama e del mondo che Urwen, prima di lei, era stata chiamata a proteggere.
Vecchi legami la richiameranno all’esistenza che ancora in fasce aveva gettato alle spalle e dalle stesse ceneri del dolore che comporterà la conoscenza del futuro che l’attende, dovrà ricostruire non solo un mondo, evitandone la fine, ma anche e soprattutto la sua stessa vita…
Tutto evolve all'improvviso il giorno in cui conosce il nuovo istitutore, Barahir. Un uomo enigmatico, di una bellezza unica e fin troppo interessato a lei.
Con il suo arrivo le visioni aumentano, facendosi via via più terrificanti.
Ogni volta che i loro sguardi si incrociano è come se lei vivesse l'esistenza di un'altra persona.
La mente viene travolta da ricordi non suoi e perfino la vita arriva quasi a non appartenerle più, confondendosi con quella di un'altra donna di cui a malapena conosce il nome.
Fino a quando, spossata nell'animo e nelle carni decide di voler sbrogliare la matassa dei misteri di tutta una vita.
Solo un nome dalla sua parte. Un unico fievole indizio a ricollegare ogni sua visione: Urwen.
Il nome della dea degli elfi.
Il nome della donna che, cinquecento anni prima salvò il mondo dall'apocalisse...
Questa ricerca la porterà a riscoprire il suo passato e un destino dannato, da cui non potrà scappare. Una guerra spietata l’attende alle porte del suo domani.
Una battaglia insensata e crudele da cui dipenderà non solo la sua salvezza ma anche il destino di chi ama e del mondo che Urwen, prima di lei, era stata chiamata a proteggere.
Vecchi legami la richiameranno all’esistenza che ancora in fasce aveva gettato alle spalle e dalle stesse ceneri del dolore che comporterà la conoscenza del futuro che l’attende, dovrà ricostruire non solo un mondo, evitandone la fine, ma anche e soprattutto la sua stessa vita…
Titolo: La Leggendaria Guerriera:
I guardiani dell'Adhandel
Editore: Self-Publishing
Genere: Fantasy
Prezzo: 1,49 € ebook
Pubblicazione: Lusglio 2014
Disponibile su amazon e google play
prossimamente in tutti gli store
Genere: Fantasy
Prezzo: 1,49 € ebook
Pubblicazione: Lusglio 2014
Disponibile su amazon e google play
prossimamente in tutti gli store
TRAMA
Anno 1898
La missione di Ainwen è ormai chiara: Morwen e Firion devono morire!
Ma così come è chiaro questo, altrettanto lampante e tangibile è il fatto che la sua malattia stia evolvendo fin troppo rapidamente.
Il tempo stringe e i nemici, ben lungi dal restare fermi ad attendere le mosse sue e dei guardiani, attaccano l'adhandel colpendola nel modo più subdolo e vile in cui si possa colpire una persona.
Il loro obbiettivo è quello di distruggere la reincarnazione della dea e ricostruire il mondo a loro immagine.
Un mondo di lacrime e sangue...
Solo Ainwen può evitare questo infausto futuro; ma il prezzo delle sue scelte sarà alto...molto più alto di quanto lei si possa aspettare...
La missione di Ainwen è ormai chiara: Morwen e Firion devono morire!
Ma così come è chiaro questo, altrettanto lampante e tangibile è il fatto che la sua malattia stia evolvendo fin troppo rapidamente.
Il tempo stringe e i nemici, ben lungi dal restare fermi ad attendere le mosse sue e dei guardiani, attaccano l'adhandel colpendola nel modo più subdolo e vile in cui si possa colpire una persona.
Il loro obbiettivo è quello di distruggere la reincarnazione della dea e ricostruire il mondo a loro immagine.
Un mondo di lacrime e sangue...
Solo Ainwen può evitare questo infausto futuro; ma il prezzo delle sue scelte sarà alto...molto più alto di quanto lei si possa aspettare...
Link booktrailer e
intervista alla finale del concorso letterario "Casa Sanremo Writers2014"
Autore
Aurora Ballarin è nata a Venezia il 7 aprile del 1988. È la prima di tre fratelli. Dopo aver studiato biologia, si è dedicata a tempo pieno alla sua grande passione: la scrittura. Quando non scrive, ama leggere e ascoltare musica, perlopiù straniera. Questo libro, nato proprio tra i banchi di scuola, è il suo romanzo d'esordio. Un fantasy ambientato in parte in una misteriosa Venezia di fine 1800 che coniuga magia e realtà, guerra e amore. Sullo sfondo di una città appena uscita dai fasti dei tempi in cui era nota come la Serenissima, si dipaneranno le gesta di uomini ed eroi, di demoni e salvatori, il tutto in un periodo di crisi, anticipo di due guerre che in un secolo hanno segnato la nostra realtà.
ESTRATTI
da "Rinascita di una dea"
"Fu in quel momento, nell'attimo in cui si eclissò l'ennesima vita che non era riuscita a salvare, che gli occhi si posarono a terra.
Laggiù, alla distanza di pochi passi da dove si trovava, appena fuori dalla barriera, vi era a terra qualcosa che aveva ammaliato il suo sguardo.
S'alzò in piedi e, contravvenendo agli ordini del fratello, uscì dalla foresta.
Non avvertì il gelo dello strato magico che le attraversava il corpo e mentre s'avvicinava ad esso, l'oggetto posato al suolo prese contorni sempre più definiti.
Si chinò a terra e raccolse un fucile, rimirandone per qualche istante il calcio ricurvo e la doppia canna lunga su cui erano intarsiati degli inserti dorati.
Quasi non si rese conto di aver portato l'arma sotto braccio, vicino al volto, ma il grilletto che sfiorava le sue dita sembrava chiederle di essere premuto.
Sei colpi in canna. Sei morti.
I rombi dei proiettili infrangevano l'aria e colpivano i bersagli che cadevano a terra come foglie in autunno.
Quando finirono le cartucce, scagliò l'arma a terra con rabbia e fu allora che l'odio, l'ira e il potere esplosero.
Quella forza che credeva di aver soppresso, ma che seppur in forma diversa si stava ripresentando, la soverchiò. E si manifestò, priva di controllo.
Elros comparve nella sua mano senza nemmeno che la richiamasse e stringendola la principessa si lanciò in battaglia.
Il suo corpo scattò in avanti, evitando la pioggia di piombo che le correva incontro, mentre la spada falciava le vite degli invasori, una dopo l'altra.
Uomo o giovane, donna o vecchio; in quel momento erano tutti uguali ai suoi occhi. E tutti sacrificabili."
"Amdir si guardò intorno, quella non poteva essere la sua Virvel, la splendente capitale degli elfi.
Per un istante chiuse gli occhi e la rivide esattamente com'era poche ore prima: le cinta delle mura alte e di un candido colore azzurro, le viuzze acciottolate dove c'era sempre un continuo via vai di gente, le botteghe di legno e mattoni, i pinnacoli candidi che s'alzavano fino al cielo.
E al centro della città, nella piazzetta di solito gremita di bambini, la fontana della dea. Immensa e così candida da accecare chi la guardasse a lungo, era vigilata fin dalla creazione dalla statua di Urwen. Il volto era ormai sfigurato dalla memoria della guerra ma, nonostante tutto, la sua maestosità era rimasta prorompente.
Lei, la guerriera della leggenda. Il fulcro del loro credo, la fanciulla che meno di cinquecento anni prima li aveva salvati dalla fine.
Ora però non esisteva più nulla: le mura di cinta erano distrutte, le botteghe saccheggiate, la gente che rendeva viva Virvel ora giaceva esanime al suolo e la statua della salvatrice era stata decapitata.
Amdir trattenne un conato, inspirò profondamente e si mosse lento tra i cadaveri.
Quando era uscito all'esterno, per quanto non volesse ammetterlo, già lo sapeva. Ma doveva vederlo con i propri occhi, sennò non se ne sarebbe mai convinto.
E alla fine li vide.
Erano là, come uno strano scherzo del destino. Gli eredi della famiglia Revar, giacevano proprio sotto la statua della loro antenata.
Appena lo sguardo si posò sui loro corpi, il ragazzino urlò di terrore..."
"- Urwen... basta... - la voce dell'uomo era calda, sofferente: - Basta. Io non posso più continuare a vederti così. Se non lo vuoi fare, basta che tu me ne dia l'occasione e sarò io a porre fine alla sua vita - le sfiorò il collo con le labbra. - Voglio riposare al tuo fianco, Wen.
Un debole e triste sorriso sbocciò sul volto della donna.
Tacque a lungo, ascoltando il battito del cuore in petto e avvertendo il dolore sordo di quella prossima crisi, che presto si sarebbe affacciata sul suo corpo.
Si piegò su sé stessa: - N... non ce la faccio... - si morse le labbra - Non ce la faccio, Calien.
L'abbraccio di Calien si sciolse di colpo e Urwen crollò a terra, sul duro e freddo marmo del pavimento nero.
E insieme a quella separazione, l'incanto si ruppe.
Urwen si voltò lentamente e afferrando una delle mani del marito lo trasse a sé.
Lo guardò con gli occhi velati dalle lacrime: - Perdonami - mormorò - Perdonami, Calien.
Posò il volto sul petto di lui e lasciò che il suo corpo donasse la libertà al dolore che le stava annientando il cuore.
Pianse per tutto.
Per ciò che era accaduto e per quello che ancora doveva avvenire.
Pianse per chi era perito in quella lunga guerra e per chi sarebbe morto l'indomani.
Pianse per suo padre e per sua madre.
Pianse per la malattia che la stava per portar via all'uomo che amava.
E... pianse per Firion. Per il dolore che la sua perdita le aveva procurato e ancora le procurava.
Le braccia dell'uomo la cinsero nuovamente, avvolgendola nel dolce tepore del suo abbraccio.
Sopra di loro la luna, ormai priva di nembi, illuminava Elros sospesa nell'aria.
L'arma, luminosa come non mai, rifulgeva come il loro amore.
- Urwen - la voce di Calien vibrava - Aspetterò - le baciò la nuca.
- Attenderò il giorno in cui ti rivedrò. Perché sono certo che prima o poi saremo nuovamente insieme. Ma ora dobbiamo pensare al presente. A domani, all'ultima battaglia."
da "I guardiani dell'adhandel"
"Aranel invitò l'amica a seguirla, fermandosi poi al centro di quel deserto spiazzo in cui erano appena entrate:-Un'ultima volta...- mormorò.
Si voltò, sguainando la spada dal fodero che le pendeva al fianco e ne rivolse la lama contro la fanciulla. Gli occhi erano colmi di lacrime:
-Facciamolo un'ultima volta, Ainwen-
La principessa guardò l'arma della donna che quasi le sfiorava il petto e sorrise. Senza dire nulla evocò Elros spostando poi lo sguardo sul volto dell'avversaria che, a stento, si stava trattenendo dal piangere:-Per l'ultima volta...- disse alzando la lama della sua spada affinché incrociasse quella della custode."
"Lei, che aveva impugnato le armi e aveva iniziato a combattere per vendetta, nel tempo, aveva compreso che il suo sarebbe stato un viaggio per restituire la speranza e la vita ai suoi simili e a tutta quella gente che voleva vivere in pace.
Per il vendicatore invece non vi era quiete né speranza e tanto meno redenzione alcuna.
Era un demone, impossessatosi del corpo di una persona innocente che si trovava costretta a combattere in nome di un odio troppo profondo e annientante da dare futuro ad un popolo ormai distrutto.
A che pro far combattere una persona, farla soffrire e massacrare altra gente?
Nessuno sarebbe tornato in vita dal sangue versato né tanto meno avrebbe riposato in pace.
Poiché, quella che ne sarebbe venuta, sarebbe stata una pace ridicola, sciocca e sanguinaria.
Una pace che non poteva esistere e dalla quale sarebbe nata solo un'eterna spirale d'odio..."
Laggiù, alla distanza di pochi passi da dove si trovava, appena fuori dalla barriera, vi era a terra qualcosa che aveva ammaliato il suo sguardo.
S'alzò in piedi e, contravvenendo agli ordini del fratello, uscì dalla foresta.
Non avvertì il gelo dello strato magico che le attraversava il corpo e mentre s'avvicinava ad esso, l'oggetto posato al suolo prese contorni sempre più definiti.
Si chinò a terra e raccolse un fucile, rimirandone per qualche istante il calcio ricurvo e la doppia canna lunga su cui erano intarsiati degli inserti dorati.
Quasi non si rese conto di aver portato l'arma sotto braccio, vicino al volto, ma il grilletto che sfiorava le sue dita sembrava chiederle di essere premuto.
Sei colpi in canna. Sei morti.
I rombi dei proiettili infrangevano l'aria e colpivano i bersagli che cadevano a terra come foglie in autunno.
Quando finirono le cartucce, scagliò l'arma a terra con rabbia e fu allora che l'odio, l'ira e il potere esplosero.
Quella forza che credeva di aver soppresso, ma che seppur in forma diversa si stava ripresentando, la soverchiò. E si manifestò, priva di controllo.
Elros comparve nella sua mano senza nemmeno che la richiamasse e stringendola la principessa si lanciò in battaglia.
Il suo corpo scattò in avanti, evitando la pioggia di piombo che le correva incontro, mentre la spada falciava le vite degli invasori, una dopo l'altra.
Uomo o giovane, donna o vecchio; in quel momento erano tutti uguali ai suoi occhi. E tutti sacrificabili."
"Amdir si guardò intorno, quella non poteva essere la sua Virvel, la splendente capitale degli elfi.
Per un istante chiuse gli occhi e la rivide esattamente com'era poche ore prima: le cinta delle mura alte e di un candido colore azzurro, le viuzze acciottolate dove c'era sempre un continuo via vai di gente, le botteghe di legno e mattoni, i pinnacoli candidi che s'alzavano fino al cielo.
E al centro della città, nella piazzetta di solito gremita di bambini, la fontana della dea. Immensa e così candida da accecare chi la guardasse a lungo, era vigilata fin dalla creazione dalla statua di Urwen. Il volto era ormai sfigurato dalla memoria della guerra ma, nonostante tutto, la sua maestosità era rimasta prorompente.
Lei, la guerriera della leggenda. Il fulcro del loro credo, la fanciulla che meno di cinquecento anni prima li aveva salvati dalla fine.
Ora però non esisteva più nulla: le mura di cinta erano distrutte, le botteghe saccheggiate, la gente che rendeva viva Virvel ora giaceva esanime al suolo e la statua della salvatrice era stata decapitata.
Amdir trattenne un conato, inspirò profondamente e si mosse lento tra i cadaveri.
Quando era uscito all'esterno, per quanto non volesse ammetterlo, già lo sapeva. Ma doveva vederlo con i propri occhi, sennò non se ne sarebbe mai convinto.
E alla fine li vide.
Erano là, come uno strano scherzo del destino. Gli eredi della famiglia Revar, giacevano proprio sotto la statua della loro antenata.
Appena lo sguardo si posò sui loro corpi, il ragazzino urlò di terrore..."
"- Urwen... basta... - la voce dell'uomo era calda, sofferente: - Basta. Io non posso più continuare a vederti così. Se non lo vuoi fare, basta che tu me ne dia l'occasione e sarò io a porre fine alla sua vita - le sfiorò il collo con le labbra. - Voglio riposare al tuo fianco, Wen.
Un debole e triste sorriso sbocciò sul volto della donna.
Tacque a lungo, ascoltando il battito del cuore in petto e avvertendo il dolore sordo di quella prossima crisi, che presto si sarebbe affacciata sul suo corpo.
Si piegò su sé stessa: - N... non ce la faccio... - si morse le labbra - Non ce la faccio, Calien.
L'abbraccio di Calien si sciolse di colpo e Urwen crollò a terra, sul duro e freddo marmo del pavimento nero.
E insieme a quella separazione, l'incanto si ruppe.
Urwen si voltò lentamente e afferrando una delle mani del marito lo trasse a sé.
Lo guardò con gli occhi velati dalle lacrime: - Perdonami - mormorò - Perdonami, Calien.
Posò il volto sul petto di lui e lasciò che il suo corpo donasse la libertà al dolore che le stava annientando il cuore.
Pianse per tutto.
Per ciò che era accaduto e per quello che ancora doveva avvenire.
Pianse per chi era perito in quella lunga guerra e per chi sarebbe morto l'indomani.
Pianse per suo padre e per sua madre.
Pianse per la malattia che la stava per portar via all'uomo che amava.
E... pianse per Firion. Per il dolore che la sua perdita le aveva procurato e ancora le procurava.
Le braccia dell'uomo la cinsero nuovamente, avvolgendola nel dolce tepore del suo abbraccio.
Sopra di loro la luna, ormai priva di nembi, illuminava Elros sospesa nell'aria.
L'arma, luminosa come non mai, rifulgeva come il loro amore.
- Urwen - la voce di Calien vibrava - Aspetterò - le baciò la nuca.
- Attenderò il giorno in cui ti rivedrò. Perché sono certo che prima o poi saremo nuovamente insieme. Ma ora dobbiamo pensare al presente. A domani, all'ultima battaglia."
da "I guardiani dell'adhandel"
"Aranel invitò l'amica a seguirla, fermandosi poi al centro di quel deserto spiazzo in cui erano appena entrate:-Un'ultima volta...- mormorò.
Si voltò, sguainando la spada dal fodero che le pendeva al fianco e ne rivolse la lama contro la fanciulla. Gli occhi erano colmi di lacrime:
-Facciamolo un'ultima volta, Ainwen-
La principessa guardò l'arma della donna che quasi le sfiorava il petto e sorrise. Senza dire nulla evocò Elros spostando poi lo sguardo sul volto dell'avversaria che, a stento, si stava trattenendo dal piangere:-Per l'ultima volta...- disse alzando la lama della sua spada affinché incrociasse quella della custode."
"Lei, che aveva impugnato le armi e aveva iniziato a combattere per vendetta, nel tempo, aveva compreso che il suo sarebbe stato un viaggio per restituire la speranza e la vita ai suoi simili e a tutta quella gente che voleva vivere in pace.
Per il vendicatore invece non vi era quiete né speranza e tanto meno redenzione alcuna.
Era un demone, impossessatosi del corpo di una persona innocente che si trovava costretta a combattere in nome di un odio troppo profondo e annientante da dare futuro ad un popolo ormai distrutto.
A che pro far combattere una persona, farla soffrire e massacrare altra gente?
Nessuno sarebbe tornato in vita dal sangue versato né tanto meno avrebbe riposato in pace.
Poiché, quella che ne sarebbe venuta, sarebbe stata una pace ridicola, sciocca e sanguinaria.
Una pace che non poteva esistere e dalla quale sarebbe nata solo un'eterna spirale d'odio..."
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